C.E.D.U. e molestie nei confronti di una persona disabile:

Con sentenza del 24 luglio 2012, la C.E.D.U.  nel caso Dordevic / Croazia, ha stabilito che le molestie violente e persistenti nei confronti di un disabile da parte dei vicini minorenni violassero gli obblighi positivi imposti dagli articoli 3 e 8 della Convenzione.
Il ricorso è stato presentato da una persona con disabilità fisica e mentale e da sua madre. Entrambi i ricorrenti, che abitavano  in un appartamento al piano terra a Zagabria, avevano lamentano di essere stati molestati continuamente dal luglio 2008 al febbraio 2011 dai bambini delle vicine scuole elementari e di non aver ricevuto adeguata protezione da parte delle autorità locali. I ricorrenti avevano denunciato una serie di incidenti : atti di vandalismo, suono del campanello ad ogni ora, scritte  offensive davanti alla casa, molestie gravi al primo ricorrente, tra cui anche lo spegnimento delle sigarette accese sulle mani.
Tutto ciò i aveva causato   stati di ansia e stress soprattutto nel giovane disabile.
I ricorrenti avevano presentato molte denunce alle autorità competenti, chiedendo l’intervento delle forze di polizia in maniera reiterata, ma purtroppo  la polizia era arrivata o in ritardo o si era limitata a disperdere i giovani molestatori.
Inoltre  le autorità non avevano adottato alcun provvedimento, avendo concluso che anche se i giovani teppisti avevano ammesso di essere stati gli autori delle violenze e delle molestie, essi non potevano comunque essere perseguiti perché minorenni.
La C.E.D.U. ha ritenuto che i maltrattamenti patiti dal primo ricorrente hanno raggiunto un grado sufficiente di gravità per permettere la protezione offerta dall’articolo 3 della Convenzione.  Secondo la C.E.D.U. lo Stato convenuto aveva infatti l’obbligo positivo di impedire gli atti di molestia nei confronti del primo ricorrente, disabile, garantendogli un’adeguata protezione.  La C.E.D.U. ha preso atto che le autorità locali non hanno compreso per nulla   la gravità della situazione e  non hanno adottato serie misure in concreto al fine di prevenire nuove molestie. Ed infatti nemmeno i servizi sociali locali erano intervenuti a lavorare con i minori molestatori. Per tutti questi motivi la C.E.D.U. ha ritenuto che lo Stato convenuto è venuto meno al proprio obbligo positivo di adottare tutte le misure ragionevoli per impedire il perpetrarsi degli abusi subiti dal primo ricorrente disabile. Pertanto  la Corte di Strasburgo  ha dichiarato all’unanimità che sussisteva violazione dell’articolo 3 della Convenzione.
Tra l’altro è stato accertato  che le molestie subite dal primo ricorrente hanno inciso negativamente sulla vita della propria  madre,  seconda ricorrente, violando  il suo diritto al rispetto della vita privata e familiare, garantita dall’articolo 8 della Convenzione.
La C.E.D.U. ha quindi riconosciuto a entrambi ricorrenti, ai sensi dell’articolo 41 della Convenzione, un risarcimento per danni morali pari a complessivi 11.500 euro.
Questa sentenza fissa principi importanti in un caso di molestie contro una persona disabile. Tali principi sono applicabili a tutti gli Stati firmatari della Convenzione europea dei diritti dell’Uomo e pertanto anche al nostro Stato.

 

12 settembre 2017



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