Riflessioni sul supervisore della coppia genitoriale conflittuale:

Una ordinanza del Tribunale di Roma, precisamente quella della prima sezione civile, Presidente f.f. Dr.ssa Valeria Chirico, ha previsto, in via sperimentale, la figura del supervisore che sia di supporto alla coppia genitoriale molto conflittuale al fine di garantire il diritto alla bigenitorialità della prole e un rapporto con i genitori che non leda l’equilibrio psicofisico e la sana crescita affettivo - relazionale dei figli.
Suo compito sarebbe quello di facilitare la risoluzione dei contrasti tra genitori separati o divorziati che, pur avendo le capacità educative, sono altamente coinvolti nelle dinamiche conflittuali da non riuscire ad essere lucidi per una matura e adeguata gestione della prole in regime di affidamento condiviso e. come nel caso in esame, non riuscire ad avere quel giusto ed adeguato comportamento nella “transizione del figlio da un genitore all’altro”.
Ci si chiede che soggetto è giuridicamente  questo supervisore; sicuramente è un soggetto privato, di comune fiducia della coppia genitoriale, possibilmente scelto d’accordo tra le parti e che è onerato  del compito  di controllore  e di supporto alla relazione della coppia genitoriale, secondo un piano di frequentazione; la sua attività ha valenza meramente extraprocessuale e, come recita l’ordinanza, “potrà eventualmente refluire nel giudizio solo nelle forme consentite dal codice di rito ( ad es. attraverso istanze e/o depositi documentali”.
Orbene non si può non rilevare che ancora una volta si è introdotta una nuova figura terza come rimedio per la rimozione della conflittualità a volte molto aspra ed intensa tra una coppia in crisi onde tutelare la prole.
È infatti anche di qualche anno fa l’introduzione da parte della giurisprudenza di merito (vedasi decreto del Tribunale di Milano 29 luglio 2016, Presidente rel. est. Laura Cosmai e Tribunale di Mantova prima sezione civile 5 maggio 2017, Pres. Est. Bernardi ) della figura del coordinatore genitoriale, che francamente non si distingue molto da quella del supervisore, essendo anche questi un soggetto  terzo, imparziale che dovrebbe supportare  le parti nell’ attuare il programma di genitorialità ,nell’ambito dell’incarico disposto , da una parte,  evitando le conseguenze dannose del conflitto sui figli e, dall’altra, favorendo la cooperazione  tra i genitori e riducendo i contrasti e il  loro ricorrere con assidua frequenza all’autorità giudiziaria.
Anche quello del supervisore, come quello del coordinatore genitoriale, si risolverebbe pertanto in un intervento professionale strutturato per mezzo del quale si  assistono i genitori con elevato grado di ostilità al fine di  attuare dei programmi di risoluzione dei forti contrasti  e ricostituire una responsabile genitorialità rispondente alle esigenze dei figli minori  così da tutelarli dai danni ai quali  vengono esposti  nella quotidianità dagli scontri genitoriali. In particolare nel caso del supervisore il tribunale di Roma parla dell’attivazione di un “progetto condiviso”, con la collaborazione di tutte le parti coinvolte e che tenga conto soprattutto del diritto del minore di poter usufruire di rapporti significativi e continuativi con entrambe le figure genitoriali.
Orbene a questo punto possiamo affermare che sia il supervisore della relazione  che il coordinatore genitoriale  sono dei soggetti privati,  operanti al di fuori del procedimento di separazione o divorzio, avendo come fine  l’interesse del minore coinvolto, suo malgrado, nel conflitto genitoriale, supportando  i genitori  molto conflittuali al fine di  superare i contrasti, una volta che il giudice abbia disposto i provvedimenti inerenti l’affidamento, le modalità di visita e quant’altro afferente alla prole.
Rammentiamo d’altra parte che in base all’art. 337 del codice civile il Giudice Tutelare deve vigilare sull'osservanza delle condizioni che il tribunale abbia stabilito per l'esercizio della responsabilità genitoriale e per l'amministrazione dei beni della prole.  
Ci si domanda se la nascita di queste nuove figure extraprocessuali non previste dal codice di rito possano provocare confusione di ruoli; certamente né il supervisore né il coordinatore hanno in sé attribuiti poteri, ma hanno comunque una sorta di dovere di vigilanza e supervisione che potrebbe sovrapporsi, se non ben regolamentati i loro compiti in maniera dettagliata, con quel generale dovere di vigilanza che spetta ex art. 337 c.c. al Giudice Tutelare.
D’altra parte tali nuove figure nemmeno possono essere definite ausiliari del Giudice tutelare, non essendo stati nominati dallo stesso previo suo incarico fiduciario.
Oggi più che mai l’introduzione di questi nuovi “supporter” ai genitori accecati dalla litigiosità ci porta all’attenzione una problematica più vasta e che si ritiene non possa essere solamente risolta da professionisti super partes che insegnino tout court a genitori irresponsabili a fare i bravi papà o le brave mamme.
È fondamentale che i genitori maturino e comprendano che come coppia di coniugi possano dividersi, ma che rimarranno per sempre coppia genitoriale e che, come tale, essi avranno l’imprescindibile dovere di mettere da parte qualsivoglia asprezza e conflittualità e prendersi cura della vita di quei figli che hanno messo al mondo e a cui devono affetto, attenzione, mantenimento e assistenza per la loro sana crescita psicofisica. È questa una presa di coscienza che non può certo avvenire deus ex machina solo grazie alla presenza di un supervisore o di un coordinatore, che, a mio avviso, non potranno rappresentare la panacea di tutti i conflitti genitoriali.
Occorre cambiare mentalità, necessita far comprendere al sorgere del conflitto ai coniugi che si separano che, prima dei loro rissosi egoismi, viene il bene dei figli e il loro diritto ad avere con sé accanto sempre e comunque entrambi i genitori.
Un ruolo molto importante in ciò lo abbiamo proprio noi avvocati che dobbiamo dirimere e scalzare sul nascere i conflitti genitoriali nella coppia dei coniugi che si sta per separare, facendo loro comprendere che in tali procedimenti non c’è una parte che perde e una che vince, ma perdono tutti e soprattutto la prole se si cede alla conflittualità esasperata. Ed infatti in tali procedure il concetto di vittoria deve essere ben altro: si vince quando si attenua e si fa dileguare la conflittualità della coppia; si vince quando si realizza l’interesse preminente dei figli  minori non solo a chiacchiere, ma in maniera autentica, realizzando in pieno i loro diritti, agevolando i loro bisogni, avendo di mira le loro esigenze primarie,rispettando i loro sentimenti e la loro personalità, salvaguardando il loro diritto sacrosanto ad avere accanto sempre e comunque due genitori che si rispettino e badino insieme all’educazione, alla cura, alla salute e al benessere psicofisico della prole.
Forse così avremmo bisogno di meno supervisori e coordinatori e potremmo veramente vincere una battaglia che oltre che giuridica è anche di vita.

 

24 novembre 2019



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