Cosa succede se il genitore collocatario intende cambiare residenza per sé e la prole:

Il Tribunale di Cosenza, con un recente provvedimento, in merito ad un ricorso presentato da una madre che chiedeva la modifica delle condizioni precedentemente omologate e, per l’effetto l’autorizzazione a potersi trasferire con il figlio minore di cui era genitore collocatario, in una città del settentrione, dove per settembre le avrebbero offerto un ottimo posto di lavoro, rigettava la domanda. Motivava il Tribunale bruzio evidenziando che un trasferimento di residenza può essere legittimato solo dal soddisfacimento degli interessi del minore, mentre, invece nel caso di specie, risultava contrario ai suoi diritti, considerato che un bambino di soli 5 anni si sarebbe trovato lontano dai luoghi a lui familiari e dai suoi affetti e, inoltre, distante pure dalla madre per circa 8 ore al giorno, atteso che costei sarebbe passata da un attuale lavoro part time ad uno a tempo pieno per 40 ore settimanali.
Non è la prima volta che si hanno decisioni su questo importante argomento. Ed infatti succede spesso che a seguito di una separazione o divorzio il genitore collocatario intenda trasferirsi, prevalentemente per motivi di lavoro, anche in luoghi molto distanti dalla residenza consueta propria e dei figli minori. In caso di disaccordo con l’altro genitore la decisione sul trasferimento dei figli spetta al Tribunale.
Bisogna chiarire che la decisione di un coniuge separato - o ex convivente - di spostare la propria residenza lontano da quella dell’altro è un diritto fondamentale sancito dall’art. 16 della Costituzione e, pertanto, in sé e per sé, non è censurabile in sede giudiziaria.
Nondimeno, l’esercizio di tale diritto, in presenza di minori co-residenti in virtù di un provvedimento giudiziario, fa sorgere dei problemi e delle criticità, che in assenza di accordo tra i genitori, compete al Giudice risolvere, decidendo sull’ autorizzazione al trasferimento di residenza unitamente alla prole.
Orbene in tali casi è prioritario  il diritto del Minore ad una sana crescita psicofisica e ad uno sviluppo armonioso della sua personalità in itinere che richiede il mantenimento di equilibrati ed appropriati rapporti con entrambi i genitori, valutando pertanto il suo interesse fattispecie per fattispecie, con la conseguenza che in taluni casi il trasferimento viene autorizzato e in altri negato.
Ricordiamo che la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 18087 del 14 settembre 2016, ha autorizzato il trasferimento dei figli con la madre, in quanto nello specifico caso  era stato provato  che la scelta della madre di una sede di lavoro lontana non  fosse motivata dalla volontà di separare i figli dal padre e che, altresì, lo sradicamento dei minori dal proprio ambiente  potesse essere controbilanciato dall’avvicinamento degli stessi alla zia materna e ai cuginetti. In questo caso secondo la Corte nel giudizio per stabilire l'affidamento e il collocamento dei figli di una coppia di coniugi separati, il giudice non ha il potere d'imporre all'uno o all'altro dei coniugi di rinunciare a un programmato trasferimento, che corrisponde a un diritto fondamentale costituzionalmente garantito. D’altra parte nessuna norma impone di privare il coniuge che vuole trasferirsi, per questo solo fatto, dell'affido o del collocamento dei figli presso di sé: il giudice ha esclusivamente il dovere di valutare se sia più funzionale al preminente interesse dei figli il collocamento presso l'uno o l'altro dei genitori, anche se ciò incide negativamente sulla quotidianità dei rapporti con il genitore non collocatario. La Cassazione nel caso di specie concorda con l’applicazione del criterio presuntivo della maternal preference, il cui valore scientifico non era stato contestato dal padre, e in quanto corrispondente all’interesse delle figlie minori.
Invece, con un provvedimento della pima sezione del Tribunale di Salerno del 27 marzo 2017, veniva rigettata la domanda della madre di trasferimento della residenza della figlia minore in un’altra regione, ritenendo più appropriato all’interesse della minore restare nell’ambiente sociale ed abitativo in cui stava crescendo. In particolare l’autorizzazione era stata negata poiché la madre non aveva dato opportuna prova di voler tenere conto delle esigenze della minore, non essendo adeguata prova in tal senso la semplice affermazione che la presenza quotidiana della madre nella cura dei bisogni della figlia sia insostituibile. Di contro il padre aveva provato come il trasferimento non sarebbe stato controbilanciato da alcun beneficio per la minore, poiché la stessa non avrebbe trovato nella nuova città alcun legame mentre avrebbe lasciato ogni altro affetto, a parte quello della madre; inoltre le risorse finanziarie di entrambi i genitori non avrebbero premesso numerosi viaggi e un diverso calendario di frequentazioni.
Da ricordare anche l’ordinanza del Tribunale di Ancona n. 3358 del 21/06/2016, che ha rigettato il trasferimento, ritenendo che la decisione della madre di trasferirsi non tenesse conto dei fondamentali bisogni dei bambini ma fosse basata unicamente su esigenze personali della stessa e su una paventata volontà di allontanare i figli dal padre.
Citiamo ancora la sentenza della Cassazione n. 19694/2014 che ha puntualizzato che il diritto del genitore di trasferire la propria residenza può essere legittimo oggetto di compressione al fine di potenziare il preminente interesse del minore alla sua serena crescita psico-fisica.
C’è comunque da evidenziare che qualora il trasferimento del genitore non sia una libera scelta ma sia necessario nel contesto di un’attività lavorativa già in essere da tempo, la giurisprudenza preferisce autorizzare il cambiamento di residenza del minore rimodulando il calendario di visite, onde fargli usufruire di un concreto diritto alla bigenitorialità.

 

Scarica la Sentenza n. 19694 del 18/09/2014 della Corte di Cassazione, Sez. I Civile

Scarica la Sentenza n. 18087 del 14/09/2016 della Corte di Cassazione, Sez. I Civile

29 maggio 2020



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